Chi non ha sentito parlare del metodo Konmari, alias il metodo giapponese di riordino? Il magico potere del riordino era davvero in tutte le librerie, e tantissime persone l’hanno letto. Ma in che cosa consiste il metodo Kondo? (Dal nome dell’autrice, una giovane giapponese di nome Marie Kondo)
Il metodo kondo altro non è che un metodo di riordino definitivo. Ebbene sì, niente più domeniche pomeriggio passate ad organizzare gli oggetti, a scartabellare alla ricerca di un documento oppure sessioni di decluttering selvaggio. Ovviamente il riordino quotidiano, i piatti da lavare, il letto da rifare per ora non ce li leva nessuno, ma il metodo Kondo garantisce di cambiare radicalmente la propria vita, se applicato rigorosamente. (se vi interessa appronfondire delle routine per gestire e pulire la casa, provate il metodo flylady) Per chi fosse indeciso se leggere il libro (o troppo pigro per farlo!) ho riassunto il metodo di Marie Kondo in dieci punti salienti. Pronti?

1 – Il riordino va fatto solo una volta nella vita

Secondo l’autrice del libro, il riordino, quello vero e totale, che ci fa tirare giù gli oggetti da dove stanno, riorganizzarli, oppure ci costringe a svuotare un cassetto ormai troppo disordinato per essere comprensibile, deve essere svolto una e una sola volta nella vita. E una volta sperimentato, ci garantisce che non riusciremo più a farne a meno. Quindi occorre armarsi di pazienza, energia e forza di volontà. Va da sè che come dicevamo sopra, riporre un oggetto che usiamo al suo posto o rimettere la biancheria nel cassetto dopo averla lavata rientra nelle incombenze quotidiane e non nel “riordino straordinario definitivo”

2 – Visualizzare ciò che desideriamo

Per la buona riuscita del riordino è necessario capire cosa vogliamo dalla nostra casa e, più in generale, dalla nostra vita. Come possiamo organizzare infatti in maniera efficace gli oggetti, se non sappiamo cosa ci serve e che cosa no? Se desideriamo una stanza organizzata, semplice da gestire e con tutti i vestiti al loro posto, come mai ci facciamo largo tra scatoloni, pile di libri che non leggiamo e altre amenità? Secondo l’autrice, visualizzare il nostro obiettivo finale è fondamentale per ottenere un risultato durevole nel tempo.

3 – Riordinare gli oggetti per categoria

Una volta che abbiamo bene in testa chi vogliamo essere, che cosa vogliamo ottenere, bisogna passare all’azione. Kondo suggerisce un metodo che ho trovato nuovo rispetto ai soliti di riordino: passare in rassegna tutti gli oggetti per categoria. Perchè?  Banalmente, perché la stessa categoria di oggetti potrebbe trovarsi sparsa in più punti della casa (libri, vestiti, penne, cosmetici ecc) e affrontare questi oggetti un cassetto ( o anta o mensola) alla volta, non ci darebbe veramente l’idea di quanti ne possediamo (di solito molti di più di quanti ce ne servano per davvero) ed inoltre trovarci giorno dopo giorno a riordinare sempre la stessa categoria in stanze diverse ci darebbe l’impressione di essere sempre allo stesso punto del lavoro, senza averne avuto una reale progressione, rischiando di demoralizzarci e interromperci.  Importante: Secondo l’autrice, è fondamentale che le categorie seguano un certo ordine: Vestiti, libri, cd, utensili per la cucina ecc, per ultimi i ricordi. Il motivo anche qui è semplice se ci si pensa: I vestiti sono tra gli oggetti con la più facile reperibilità e sostituzione e sarà più difficile che ve ne siano molti ai quali siamo affezionati, intervenire per categoria in un determinato ordine ci permette quindi di imparare a scegliere cosa ci serve davvero e cosa no, prima di affrontare la categoria più a rischio di tutte: i ricordi. 

4 – Bisogna tenere quello che ci fa “battere il cuore”

Questa è stata la regola che mi ha convinto della bontà del metodo: nessuna rigidità. Non esistono numeri perfetti (5 paia di scarpe, otto maglioni ecc) che tengano. Marie Kondo, in quanto giapponese è molto “animista” nei confronti degli oggetti e non stabilisce dogmi. Il metodo in questo caso consiglia di prendere in mano ciascun oggetto, di prenderlo in considerazione, toccarlo, farlo “vivere” tra le dita e capire che tipo di emozione ci comunica. Se le emozioni sono positive, va tenuto senza dubbio, anche se è un oggetto buffo o un po’ sgualcito, mentre se quello che ci rimanda è neutro o peggio, sgradevole, meglio ringraziare l’oggetto e lasciarlo andare.

5 – Quando un regalo esaurisce la sua funzione, possiamo eliminarlo

Questo capita a tutti, credo. A volte si riceve, pur con tutte le migliori intenzioni del “regalante”, un oggetto che proprio non ci piace, non ci soddisfa, non ci sta bene se è un vestito o non si accorda al nostro stile. E quell’oggetto se ne sta lì, nel nostro armadio o nella nostra casa. Non lo buttiamo per non offendere la persona che ce lo ha donato o anche solo per senso di colpa e magari ci impediamo di acquistare qualcosa che ci renderebbe molto più soddisfatti! La teoria dell’autrice è implacabile ma interessante: Un regalo esaurisce la sua funzione manifestandoci l’affetto della persona che ce lo ha donato. Se quell’oggetto non ci piace, possiamo serenamente darlo via, certi dell’amore che la persona ci ha voluto donare, senza bisogno di conservare tutto.

6 – Prima di organizzare gli oggetti, bisogna finire di buttare

Altro punto logico e sensato… Finché non abbiamo terminato di buttare, come possiamo disporre in maniera efficace gli oggetti? Personalmente non mi ero mai soffermata su questo punto ma è estramente logico e funzionale. Solo a lavoro di scrematura terminato avremo un’idea realistica degli oggetti che vogliamo ancora tenere e dello spazio in cui collocarli. Meglio quindi finire la categoria che abbiamo iniziato prima di riporla, in modo da sfruttare al massimo lo spazio che ci rimane

7 – Gli oggetti vanno riposti in modo da consentire una panoramica il più possibile ampia

Altro punto cardine del metodo konmari: gli oggetti devono potersi vedere(e prendere) tutti, il più possibile. L’autrice suggerisce di piegare i vestiti in modo da consentire di riporli in verticale nei cassetti (esistono decine di video su youtube) e più in generale di non accatastare gli oggetti ma di disporli ordinatamente come se fossero libri, in modo da poterli scegliere senza creare disordine. Il che ha perfettamente senso. Quante volte vi si è distrutta la pila dei maglioni o delle magliette solo perché eravate di fretta e vi serviva quella in fondo? Quanto tempo è andato “perso” a ripristinare tutte quelle pile o l’ordine nei cassetti?

8 – Distinguere il normale disordine dalle ricadute

Se c’è una cosa che Marie Kondo garantisce con il suo metodo, è proprio questa: non ci sono ricadute. Se seguirete le sue regole pedissequamente, ci assicura, non ricadrete mai più nel caos. Decine e decine di “allievi” di Marie Kondo garantiscono questa statistica. (In realtà,  nel suo secondo libro, Marie Kondo afferma che uno dei suoi allievi, seppur seguito solo in una trasmissione televisiva, ha avuto una ricaduta! Uno contro centinaia, comunque, mi sembra sempre una media eccezionale!) Ovviamente, ci dice anche l’autrice, se avete dei periodi molto impegnati, dei bambini piccoli o state affrontando delle situazioni impegnative che vi costringono a tralasciare il riordino quotidiano, un po’ di disordine può capitare, ma non dovete prenderlo come una ricaduta. Se il caos che si è creato è sistemabile in una trentina di minuti, non si tratta affatto di una ricaduta, ma di normale routine che ciclicamente può accadere e questo non deve demoralizzarvi.

9 – Ogni oggetto deve avere il suo posto e non può stare “in giro”

Ogni cosa al suo posto e un posto per ogni cosa. Ve lo diceva mai, la nonna? Eppure è vero e funziona. Se ogni oggetto ha il suo posto assegnato, difficilmente rimarrà in giro a lungo. al contrario, se ci sono cose che non hanno un posto ben precisato, ma che semplicemente “appoggiate lì” in un battibaleno vi accorgerete che altri oggetti senza fissa dimora finiranno lì intorno a “fare loro compagnia” come dice l’autrice. Io l’ho provato ed è vero, verissimo! Quindi stabilite con cura dove metterete gli oggetti e non lasciate mensole con “cose che poi sistemerò” o cassetti con questa funzione. In un attimo diventeranno il ricettacolo dei più strani ammenicoli che non vi sentite di buttare o che proprio non sapete dove mettere anche se non li utilizzate.

10 – Le superfici vanno pulite spesso e vanno lasciate sgombre

Questo vale soprattutto per bagno e cucina, ma in generale è un ottimo approccio per tutte le superfici. Se dovete pulire la mensola del bagno ma questa è piena di boccettini, spugne, sali e chi più ne ha più ne metta, pulirla diventerà un’impresa titanica che occuperà ore del vostro tempo libero oppure se non ne avete a sufficienza, vi costringerà a saltare la pulizia! L’autrice suggerisce di estrarre da un mobiletto sul momento ciò che serve e poi di riporlo nuovamente, in modo che la superficie sia il più libera e sgombra possibile, per facilitarvi le operazioni di pulizia. Sempre complicato ma se si organizzano bene gli oggetti in effetti è semplice.

Fine! ora vi lascio un paio di impressioni mie, pro e contro:

Pro del metodo kondo:

funziona. E’ indubbio che il metodo Konmari funzioni. Se impariamo a liberarci degli oggetti che  non ci fanno stare bene e teniamo solo quello che ci serve per davvero, la vita si semplifica e impariamo ad avere una nuova cura per quegli oggetti così speciali che abbiamo deciso di tenere. Semplifica davvero la vita e ci permette di esplorare nuove situazioni.
E’ personalizzato: non c’è nessuna regola che imponga di mettere gli oggetti che non usiamo e di buttarla dopo sei mesi. Letteramente l’autrice riferisce: “Se vi piacciono le scarpe potete averne anche 100 paia, non c’è un numero perfetto per tutti”. Personalmente le regole generali (e forse un po’ americane) del dedcluttering mi stavano strette e con me non hanno mai funzionato. Perché devo chiudere i miei oggetti in una scatola e poi buttarla? Perché due anni, o sei mesi? Chi l’ha detto che dopo sei mesi non mi venga voglia di utilizzare di nuovo quelle cose? chi decide quante paia di occhiali da sole devo avere? Il metodo Kondo da un nuovo senso agli oggetti che decidiamo di tenere, c’è spazio per l’emozione che quell’oggetto ci lascia, e non solo per quanto lo indossiamo o la sua utilità. In effetti applicando il metodo Konmari mi sono liberata di molte più cose di quanto non avessi fatto con le regole del decluttering.
Ed è vero che spesso molti oggetti che teniamo altro non sono che zavorre che ci impediscono di acquistare/procurarci quello che desideriamo veramente. Non a caso alcune delle allieve dell’autrice riferiscono che dopo aver “imparato a scegliere” hanno terminato una relazione o lasciato un lavoro per dedicarsi a qualcosa che amavano di più o che in generale le rendeva più soddisfatte.
Una volta affrontate tutte le categorie (L’autrice stima sei mesi circa qualche ora settimanale di lavoro continuato) davvero la casa sarà sgombra e facile da riordinare. soprattutto sarete diventati più consapevoli di ciò che vi rende felici e difficilmente terrete oggetti che non vi piacciono o vi infastidiscono.

Contro del metodo Kondo:

E’ un po’ estremista. In certi punti del libro sembra che dica di buttare via tutto “anche questo libro, se non vi fa battere il cuore!” raccomanda l’autrice. Ma con un pizzico di flsssibilità di può superare questo dettaglio. Inoltre è palesemente pensato e strutturato per un pubblico giapponese, sia per i riferimenti alle case (nessuno in Italia ha degli armadi a muro così grandi da poterci mettere dentro la libreria, credo…) sia per cultura. Palesemente con delle radici animiste e scintoiste, può sembrare bizzarra l’autrice quando racconta che ringrazia gli oggetti prima di lasciarli andare, o quando organizza un funerale scintoista per peluches o bambole (nel volume due, precisamente) oppure quando si inginocchia e ringrazia la casa o quando entra salutando tutti i suoi oggetti… Diciamo che per persone estremamente pragmatiche e pratiche può sembrare quantomeno bizzarro.
Non parla di riciclo o dono, ma anche questo è attuabile, se lo desiderate. Gli oggetti si possono rivendere, regalare, riutilizzare… ecc.

In sostanza:
Con me ha funzionato dove anni di riordino e poi di “decluttering all’americana” avevano fallito. Il metodo flessibile ed emozionale mi ha permesso di valutare i miei oggetti con un’altro sguardo. In realtà non ho ancora finito, la categoria che ho terminato è quella dei vestiti estivi, e per scarsità di tempo proseguirò un pezzettino alla volta. Ho però provato l’emozione descritta dall’autrice quando si raggiunge “il numero perfetto di oggetti” quello che lei definisce come un “clic” E’ vero, accidenti. C’è un numero di oggetti variabile per ciascuno, che ci basta, ci fa sentire appagati e felici. Ricordo con estrema precisione che mi arrabbiai parecchio con mia sorella per avermi acquistato una maglietta che non desideravo… aveva “rovinato il mio clic”

Cosa NON è il metodo Kondo:

Non è un sistema di pulizie e di routine. Se cercate qualcuno che vi dica a cosa dovete pulire o come affrontare la visita improvvisa della zia più meticolosa della famiglia, non fa al caso vostro. A parte qualche consiglio generico sulla disposizione e utilizzo degli oggetti, la Kondo non vi dà neanche consigli “da rivista” come riporre gli oggetti, se non il sopraccitato “mettete tutto in verticale”. Piuttosto, guardate il metodo Flylady

A chi consiglio il metodo Kondo:

A chi ha provato a riordinare in mille modi ma non ha mai ottenuto risultati.
A chi non riesce mai a buttare via nulla per l’ansia
A chi vuole provare un metodo che faccia fare tutto in una volta
A chi ha un animo sentimentale e a cui le regole del decluttering stanno strette
A chi intriga la filosofia giapponese

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